Schiaparelli: cercasi meccanico su Marte, ottime referenze.

Schiaparelli e TGO

Schiaparelli costa davvero così tanto? E sono soldi pubblici sprecati?

«Papà, come mai spendiamo tanti soldi per mandare delle sonde su Marte, considerando poi che non sappiamo neanche farle funzionare?»
Il ragazzo sta facendo i compiti e la sua domanda pare ricalcare un concetto riproposto in tutte le salse da mass media e gente comune.
«Credo di non aver capito bene la domanda, Max»
«Ti ho chiesto se sai il perché…»
«Ho capito benissimo quello che mi hai chiesto» Jacopo interrompe il figlio con voce decisa, lanciandogli uno sguardo severo.
«Ah, era sarcasmo il tuo… non ero certo di averlo colto»
«Chi ti ha detto una simile stupidaggine? L’hai letta online per caso?»
«No papà,» risponde Max alzando il quaderno e mostrando una scheda «la prof di scienze ci ha chiesto di informarci e portare delle nostre considerazioni su questo tipo di missioni»
«Ho capito… evidentemente la vostra prof si aggiorna attraverso la rivista scientifica al momento più autorevole»
«Sarebbe?»
«Facebook» risponde Jacopo sollevando le spalle. «O Famiglia Cristiana, nella migliore delle ipotesi»
«Però è innegabile che non siamo riusciti a far atterrare il lander Schiaparelli, che sarà costato un sacco di soldi a tutti noi» insiste Max cercando di portare la discussione sul concreto.
«Bene,» sottolinea il padre «vedo che sei approdato sul pianeta del qualunquismo dove quando una cosa va bene si festeggia con “abbiamo vinto”, mentre quando le cose si mettono male ci si tira fuori con un “avete perso”. Devo dire che ultimamente si sta affollando sempre più, l’aria starà diventando irrespirabile»
Max ha capito il discorso del padre. Chiude il quaderno, stacca dal block notes un foglio e si pone in posizione di ascolto critico.
«Spiegami, allora…»
«Partiamo dai costi» Jacopo prende il tablet e inizia a fare delle ricerche. «Recentemente ho letto un articolo in cui venivano comparati i costi della missione Exomars con altri progetti sostenuti da finanziamenti pubblici. Eccolo qui…»
Scorre l’articolo fino alla tabella che stava cercando.
«Sai quanto ci è costata la guerra in Afghanistan? La bellezza di 5 miliardi di euro ovvero circa 7 euro all’anno per contribuente, per dodici anni. La tua prof potrebbe obiettare che in quel caso vi era il serio rischio di far attaccare le nostre città dai pericolosissimi “terroristi islamici”…» sottolinea mimando un mostro e con voce horror.
«Conoscendola, avrebbe potuto dirlo» conferma Max divertito.
«E’ lecito che lo pensasse in quanto il gioco sta tutto lì: farti percepire il rischio in modo da poter giustificare una missione di guerra. I governi e i media fanno il loro mestiere, e nei loro compiti rientra anche la difesa di molti e diversificati interessi»
«Cioè?» chiede incuriosito il figlio.
«Lascia perdere, credimi. Torniamo nello spazio che è meglio» Jacopo ritorna sui numeri della tabella. «Sai quanto è costata Rosetta?»
«La missione sulla cometa?»
«Proprio lei!» conferma il padre mostrando il pollice. «Meno di un miliardo e mezzo di euro, pari a venti centesimi per ogni cittadino europeo, per diciannove anni di durata. E la stazione spaziale internazionale?»
«Quella che ogni tanto vediamo passarci sopra la testa?»
Max ricorda bene la prima volta che, grazie all’app “ISS Detector” si appostò col padre e Mileva, la sorellina più piccola, per osservare in cielo il passaggio della stazione spaziale, visibile grazie al riflesso della luce solare sui suoi pannelli. Fu una grossa emozione pensare che a 400 chilometri di distanza, c’era un laboratorio di scienziati che girava attorno alla Terra a 40.000 Km orari per condurre esperimenti di ogni genere.
«Te lo ricordi, vero? Tua sorella credeva che la prendessimo in giro. Quando rientrammo in casa, ti appostasti alla finestra nella speranza di rivederla passare. Qualche volta dobbiamo provare ad osservarla con il telescopio… In ogni caso la ISS ha un costo di otto miliardi di euro, circa un euro a cittadino europeo, per quindici anni»
Max ha appuntato questi dati. Ora ha più chiaro il fatto che non vi sia sperpero di denaro pubblico, o almeno dovrebbe pensarsi la stessa cosa ed in proporzioni più grandi nel caso di altre tipologie di missioni, dai fini non certamente più nobili.
«Ok, papà. Però mentre nelle altre missioni l’obiettivo è chiaro, a me non è per nulla evidente il perché si facciano queste operazioni scientifiche»
«Non posso darti torto in questo. E nemmeno alla tua prof» commenta Jacopo allargando le braccia in segno di rassegnazione. «E’ normale che per il grande pubblico queste operazioni scientifiche possano apparire fini a se stesse o, in alcuni casi, uno sfizio molto costoso. Sui media ci si limita alla cronaca e gli approfondimenti scientifici sono destinati ad un pubblico tecnico»
«Ha per caso a che fare con la ricerca della vita?» il piccolo azzarda un’ipotesi.
«Certamente! Anche se non di forme di vita “umana”, ma tracce di vita micro-biologica. E’ da tempo che sappiamo della non esistenza dei marziani…» lo sfotte deformando la faccia con le mani per simulare un viso alieno.
«Ma l’hanno avvisato quel tipo col berretto “UFO” che vediamo spesso nei documentari su Focus?»
«Probabilmente sì. Ma se si toglie quel berretto, poi di che campa quello lì?» ironizza Jacopo chiedendo il “cinque” al figlio. «In ogni caso, le missioni spaziali partono dalle domande che l’uomo si è sempre fatto, un bisogno di conoscenza che può farci scoprire nuove cose che, in alcuni casi, possono portare anche delle ricadute concrete. Il progresso scientifico è il risultato di due approcci. Da un lato i “teorici” che si sforzano di immaginare dei modelli in grado di spiegare i fenomeni, sia quelli noti che quelli non ancora scoperti. Einstein, ad esempio, era un fisico teorico e ha avuto la lungimiranza di pensare allo spazio e al tempo in modo completamente diverso rispetto al passato. Ma per non far restare queste ipotesi solo dei pensieri dogmatici rispetto ai quali qualcuno aderisce, qualcuno no, è necessario che vi sia un secondo approccio, quello sperimentale, largamente ignorato dagli antichi greci, per esempio…»
«Ancora con questi greci?» Max alza lo sguardo sentendo odor di polemica. «Guarda che mamma ti mena, se le tocchi Aristotele…»
«I greci, come altre popolazioni dell’antichità, hanno avuto grandi meriti nell’evoluzione del pensiero. Ma la scienza non la si fa solamente pensando. Occorre verificare e poi controllare le verifiche. E’ quello che si chiama approccio sperimentale e quindi necessita di scienziati che si dedicano esclusivamente ad immaginare e progettare esperimenti per verificare ciò che i teorici hanno ipotizzato. Quando Aristotele immaginò la Terra al centro dell’Universo e costruì le “sfere celesti” non si preoccupò di dimostrare con un esperimento che le cose stessero davvero così. E questa credenza, ce la siamo portati dietro per qualche migliaio di anni»
«Mi sto perdendo…» commenta Max grattandosi la testa con la matita.
«Torniamo alle missioni. Nel cercare qualcosa, occorre risolvere un sacco di problemi pratici. Questo porta a trovare delle soluzioni tecnologiche che possono avere anche delle applicazioni di largo uso e renderci la vita più semplice»
«Ad esempio?»
«Ci sarebbero tanti esempi, Max. Ti faccio i due più eclatanti» Jacopo prende in mano il suo smartphone. «Quando nacque la fisica dei quanti, in pochi credevano che le cose a livello microscopico potessero funzionare in modo così bizzarro. Lo stesso Einstein era scettico ed avversò con tutte le sue forze questa nascente visione del mondo. Ma nello studiare l’infinitamente piccolo con questo nuovo approccio quantistico, in cui le particelle non sono più particelle ma si comportano come onde, si scoprì un qualcosa di impossibile da spiegare con gli strumenti classici: “l’effetto tunnel”. Questo fenomeno è alla base del funzionamento del transitors, il componente alla base di tutti i circuiti elettronici moderni. Sei in grado di immaginare le conseguenze se nessuno avesse finanziato quegli studi?»
«Effettivamente…»
«Vogliamo parlare del “Bosone di Higgs”?»
«E perché no?» lo sfotte Max. «Già che ci siamo, non vorremmo farci mancare proprio il famoso “Bosone di Higgs”!»
«Per consentire alla rete di scienziati che ci lavoravano di poter comunicare tra loro, era necessario un nuovo network di computer, e si partì da un’infrastruttura esistente utilizzata solo in ambito militare. Quello strumento primordiale di comunicazione, si è poi evoluto ed è diventato ciò che tutti noi adesso chiamiamo Internet»
«Davvero?»
«Ti sembro uno che sta scherzando?»
«Direi di no…» commenta il piccolo. «Però a questo punto sono proprio curioso di sapere cosa sia successo al lander. Perché Schiaparelli si è schiantato al suolo?»
«Probabilmente per un problema software…»
«Ma dai!»
«La missione è composta di due elementi: un orbiter, cioè una componente che dovrà restare in orbita attorno a Marte e, appunto, un lander il cui scopo era quello di testare le difficoltà di un possibile atterraggio di un successivo rover…»
«Atterraggio? Caso mai, “ammartaggio”» lo corregge Max.
«Il lander ha iniziato regolarmente la sua discesa e a 12 Km di distanza dalla superficie ha aperto il paracadute. A circa 8 Km ha sganciato lo scudo termico. Dopo di che, il dispositivo che misura l’inerzia della sonda ha mandato un segnale anomalo che ha fatto sbagliare il calcolo dell’altitudine: ne è venuta fuori un’altezza dal suolo negativa»
«Negativa? Cioè sottoterra?» interpreta, incredulo, il piccolo.
«Esattamente. E questo ha fatto sì che il sistema di controllo sganciasse il paracadute e spegnesse i retrorazzi, attivando gli strumenti di bordo di Schiaparelli, come se fossero pronti ad iniziare il proprio lavoro»
«In pratica, pensava che fosse atterrato correttamente?»
«Già. Peccato che in quel momento il lander fosse a circa 4 km di altezza…»
«Boom!» Max simula un impatto della sua gomma sul tavolo, con tanto di esplosione.
«Comunque la missione continua. La sonda orbitante funziona perfettamente e ha subito mandato i primi segnali a Terra. Essa potrà orbitare attorno al pianeta ed effettuare misurazioni molto accurate in vista del proseguimento della missione. Nel 2020, infatti, sarà spedito un rover per esplorare la superficie del pianeta»
«Rover? E che roba è?»
«Un piccolo veicolo dotato di ruote in grado di spostarsi sulla superficie e dotato di attrezzature di laboratorio per esaminare il suolo ed il sottosuolo. L’obiettivo della missione, che si chiama Exomars, è cercare tracce biologiche di vita passata o presente e individuare possibili pericoli sulla superficie in vista di missioni con esseri umani. Ma anche sviluppare delle tecnologie nuove che ci aiutino a fare passi avanti nella ricerca spaziale, ad esempio la produzione di energia su Marte o su altri corpi celesti»
«Tipo quel progetto di catturare un meteorite e portarlo in orbita attorno alla Terra per ricavarne materiali utili a produrre energia per la stazione spaziale, invece che trasportarcela dalla Terra?»
«Esattamente!» Jacopo approva nuovamente con il pollice, apprezzando che il piccolo ricordasse di quel racconto che il padre gli aveva fatto qualche settimana prima. «Anche per permettere agli astronauti di studiare da vicino un asteroide. Certo andrà sempre verificato se i benefici del progetto saranno superiori ai costi. E tornando a Schiaparelli, entrambe le missioni costeranno attorno ai 370 milioni di euro, pari a pochi chilometri di TAV, per capirci. L’Italia ha un ruolo primario in questa missione che, sottolinealo alla prof, non è mai stata tentata prima d’ora. E considerando che un euro investito nello spazio porta delle ricadute economiche tra 3 e 5 euro, si tratta di investimenti a buon rendere»
«Allora papà, meglio affrettarsi a ripararla Schiaparelli» commenta Max sorridendo.
«Credo non sia più possibile» Jacopo mostra una foto presa dal sito dell’istituto nazionale di astrofisica. «Guarda che cratere. Il lander deve aver fatto un botto non da poco. E guarda dov’è finito il paracadute, ad oltre un chilometro di distanza». Jacopo scuote la testa «Non credo ci sia più nulla da fare»

La foto del cratere di Schiaparelli su Marte
All’interno del rettangolo: il punto scuro è il cratere dell’impatto, la macchiolina chiara in basso identifica il paracadute. Crediti: NASA/JPL-Caltech/MSSS

«Basterebbe trovare un buon meccanico. Magari su Marte qualcuno che ne capisce potrebbe essersi salvato» Max, sorridente, rimette gli appunti nel libro e lo ripone nello zaino. «Prova a suggerirlo a quelli dell’INAF»
«Ci proverò, piccolo»
«Mi raccomando, però. Stavolta verifichino le referenze»
«Va bene» risponde il padre raccogliendo la battuta «eviteremo di cercarlo su Facebook»

Un’animazione del progetto per catturare un meteorite e portarlo in orbita attorno alla Terra o alla Luna

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